Viola Albertine, etnomusicologa di formazione, ha proseguito i suoi studi in arpe storiche con Maria Cleary alla Haute école de musique Genève-Neuchâtel (HEM). Dopo essersi formata in belle arti, geografia culturale, danza, pianoforte, da qualche anno esplora la voce da sola. All’inizio, una voce senza parole, che lascia vibrare ciò che passa attraverso il corpo, poi la voce trova le parole e si crea la poesia.

Oggi Viola Albertine accompagna il suo canto con un’arpa o un armonium, carillon e una campana tibetana. Reinterpreta gli antichi canti d’amore dei trovatori e dei trobairitz del XII secolo, fa fiorire i suoni vicini e lontani, terrestri e stellari, con testi personali o poesie amate, tra i poeti Philippe Jaccottet, Roberto Juarroz, Hafez, Rumi, Hilda Doolittle Andrée Chedid, Mariangela Gualtieri.

La lingua diventa multipla, dal francese all’occitano, dall’occitano alla sua lingua madre, l’italiano. Nell’ispirazione del momento, tra improvvisazione e composizione, in un ascolto del più intimo, la voce canta nel silenzio che si posa.

Viola
Albertine