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La meccanica quantistica ha mantenuto negli anni la fama di essere “la teoria più oscura”. Funziona perfettamente, eppure nessuno sembra sapere perché. È stato sostenuto che la difficoltà nel comprenderla derivi dal nostro tentativo, inevitabilmente fallimentare, di imporle uno schema concettuale inadeguato, volendo a tutti i costi pensare agli oggetti della teoria come, appunto, a degli oggetti: cioè a delle entità dotate di proprietà spaziotemporali sempre attuali. Questo schema spaziotemporale troppo restrittivo è molto probabilmente il cuore del problema, come sottolineato anche dalla rivoluzione einsteiniana. Quale potrebbe essere, dunque, un’alternativa? Molti pensatori hanno suggerito che dobbiamo arrenderci al fatto che il nostro mondo fisico è costituito da potenze e potenzialità immanenti. Lo ha fatto Aristotele ante quantum litteram, seguito da studiosi come Heisenberg, Primas, Shimony, Piron, Kastner, Kauffman, de Ronde, solo per citarne alcuni, tra cui anche gli autori, che sono stati entrambi studenti di Piron a Ginevra. Tuttavia, se da un lato un’ontologia della potenzialità pone l’accento sui processi di cambiamento, responsabili degli incessanti passaggi tra proprietà attuali e potenziali, dall’altro non chiarisce in cosa consistano questi cambiamenti. In altre parole, rimane aperta la questione metafisica dell’identificazione della natura del portatore di queste potenze, o potenzialità, e delle entità in grado di attualizzarle. Lo scopo del presente articolo è quello di sottolineare che tale interrogativo ha trovato una possibile risposta nella recente interpretazione concettualistica della meccanica quantistica, che a nostro avviso offre l’ontologia e la metafisica mancanti che possono rendere la teoria pienamente intelligibile, e persino intuitiva. Nel farlo, sottolineeremo anche l’importanza di distinguere attentamente i diversi strati concettuali che sono contenuti nel suo edificio esplicativo, poiché solo in questo modo si può comprendere adeguatamente, e apprezzare appieno, il potere esplicativo che essa offre, senza promuovere indebiti riduzionismi e/o antropomorfizzazioni.