Il LAB è una struttura privata che propone diverse attività teorico-pratiche (vedi qui di seguito) di interesse per la ricerca interiore (ma non solo), che vanno dallo Yoga posturale alle tecniche respiratorie ed energetiche, dalla meditazione al movimento consapevole, dal dialogo critico-costruttivo all’arte dell’osservazione, dall’igiene mentale all’esplorazione dei limiti della macchina umana.
Questi diversi aspetti, che i frequentatori del...
Esistono numerose tipologie di maschere, oltre a quelle di tessuto, divenute tristemente familiari negli ultimi tempi. Quest’ultime sono a dire il vero le meno problematiche, poiché essendo visibili non possiamo negarne l’esistenza. Quelle non di stoffa, quelle psichiche per intenderci, richiedono invece condizioni particolari per poter essere viste per quello che realmente sono, e indagate; condizioni che si cerca di promuovere negli spazi del LAB.
Per quanto attiene invece alle maschere fisiche, negli ultimi anni ci siamo abituati alla loro presenza, tanto da sparire dal nostro campo percettivo. Ci siamo così dimenticati ciò che veicolano: insicurezza, paura dell’altro, riduzione delle nostre capacità comunicative ed espressive, impedimento di una corretta respirazione e scambio energetico con l’ambiente esteriore…
In quest’epoca di grande confusione e ambiguità, dove spesso l’irragionevole si nasconde sotto le spoglie del ragionevole, è pertanto divenuto necessario rendere esplicita una regola che precedentemente era espressa solo implicitamente. Questa afferma che l’uso delle maschere di tessuto non è compatibile con la natura delle pratiche che hanno luogo negli spazi del LAB, e con tutto ciò che questo spazio si propone di manifestare, come campo di possibilità.
Ora, a prescindere dalle scelte di ognuno di partecipare o meno a una pratica, tenendo sempre conto della propria situazione personale, l’invito è di cogliere l’occasione dell’apparizione delle maschere di tessuto nella nostra società (in aggiunta a quelle psichiche), come stimolo per indagare i diversi aspetti, personali e collettivi, all’origine di questa nuova situazione. Molto di quello che è accaduto negli ultimi due anni ha infatti pesantemente condizionato molte persone, a causa di una comunicazione martellante generativa di ansia e paura. I cosiddetti coronavirus sono una costante che probabilmente resterà per sempre nelle nostre vite, al pari dei virus influenzali e di numerose altre malattie con cui abbiamo imparato a coabitare. Pertanto, le decisioni che prendiamo in questo momento, su quali comportamenti personali adottare e quali invece abbandonare, non vanno considerate come provvisorie, ma come costitutive della nostra nuova “normalità”.
È importante osservare che esiste una frontiera molto sottile tra “paura patologica” e “paura naturale”, e che i nostri tentativi di evitamento di un pericolo illusorio (in quanto insignificante in termini di rischio, o al di fuori della nostra possibilità di controllo) finiscono con il renderci psicologicamente sempre più fragili e generare problemi molto più limitanti di quelli che inizialmente si pongono di evitare.
Naturalmente, la situazione sanitaria può evolvere in modo tale da rendere oggettivamente sconsigliabili le pratiche di gruppo. In situazioni di questo genere, la scelta del LAB, sarà quella di non promuovere in quel momento le pratiche in presenza.
Alcuni forse si chiederanno se la richiesta esplicita di evitare le maschere di tessuto nei luoghi di pratica non esprima una sorta di discriminazione, che non lascia libertà alle persone di poter scegliere cosa è meglio per loro, per la loro protezione. Non è in fin dei conti lo stesso tema della libertà vaccinale? La libertà di usare o meno una maschera di tessuto, negli spazi del LAB, non equivale alla libertà di vaccinarsi o non vaccinarsi?
È bene considerare che la scelta di vaccinarsi o meno riguarda il tempio del proprio corpo, e indubbiamente ogni persona deve poter essere libera di scegliere cosa fare entrare al suo interno. Lo stesso principio vale, mutatis mutandis, per gli spazi privati del LAB, che sono l’equivalente di un corpo, il cui custode, alfine di preservarne le qualità, deve poter essere libero di scegliere cosa fare entrare o meno al suo interno.
Ogni luogo esprime delle caratteristiche che sono la risultanza delle sue regole, ed è importante osservare che nessuno è obbligato a frequentare il LAB, se non si sente in sintonia con tali regole, esplicite o implicite, o se ritiene che così facendo metterebbe in pericolo la propria salute o quella dei propri cari.
Ma siccome un esempio vale più di mille parole, possiamo pensare agli spazi del LAB come a quelli di una SPA (Salus Per Aquam). È sufficiente raggiungere la vicina Austria, o la Germania, per osservare che nei paesi dove esiste una tradizione per questi luoghi, vigono in essi delle regole specifiche. In particolare, non è possibile accedere agli spazi di benessere indossando un costume. Le ragioni sono essenzialmente due. La prima è che le pratiche in quei luoghi richiedono la perfetta nudità dei corpi, per non bloccare il corretto processo di traspirazione di ogni loro parte. La seconda è che si tratta di luoghi che incarnano una visione del corpo in cui è assente ogni forma di malizia, cioè dove la nudità viene vissuta in modo naturale. Entrare in questi luoghi con il costume da bagno significherebbe pertanto non solo venire meno a delle norme igieniche, ma anche portare al loro interno una visione opposta al loro spirito, dove il corpo nudo viene vissuto con imbarazzo, tanto che nelle SPA di paesi come l’Italia vige paradossalmente l’obbligo opposto: si può entrare solo con il costume.
Per alcune persone, l’esistenza di SPA con costume obbligatorio, all’italiana, può essere un punto di partenza per entrare in contatto con la possibilità della cura del proprio corpo. Grazie a questo primo contatto, potrebbero col tempo accorgersi che il costume rappresenta un impedimento inutile e desiderare sperimentare qualcosa di diverso, cercando allora quei luoghi che incarnano tale possibilità. La missione del LAB è esattamente questa, offrire un luogo di ricerca interiore “nordico”, nel rispetto dell’esistenza di luoghi di pratica che operano scelte differenti.
Termino con un’ultima immagine. Anche i più assidui sostenitori dell’utilizzo delle maschere di tessuto, quando tornano a casa le tolgono (spero). Nella loro abitazione possono nuovamente respirare liberamente e pienamente, percepire il contatto della pelle del viso con l’aria circostante, relazionarsi con i propri cari senza barriere comunicative artificiali… Ecco, il LAB vuole essere anche questo, un luogo dove è possibile sentirsi a Casa e relazionarsi con chi partecipa alle pratiche in modo aperto e libero da impedimenti.